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Lo stato dell’arte della Supply Chain in Italia: sfide e numeri

Se c’è una lezione che gli ultimi tre anni ci hanno imposto, è che la catena di approvvigionamento non è più il “dietro le quinte” silenzioso delle aziende. Oggi, analizzare lo stato dell’arte della Supply Chain significa guardare dritto nel cuore del consiglio di amministrazione.

Tra crisi geopolitiche, fluttuazioni dei costi dell’energia e consumatori sempre più esigenti (che richiedono velocità e sostenibilità), la gestione della filiera è passata dall’essere un centro di costo a fattore competitivo primario. Non vince più chi ha il prodotto migliore in assoluto, ma chi riesce a portarlo sul mercato nel modo più efficiente, trasparente e resiliente possibile.

In Italia, dove la manifattura d’eccellenza è il nostro biglietto da visita, questo cambio di paradigma è vitale. Vediamo qual è lo stato dell’arte attuale, analizzando due dei pilastri della nostra economia: l’Agroalimentare e il sistema Moda.

Agroalimentare: la corsa verso i 70 Miliardi

 

Il settore Food & Beverage italiano continua a essere la locomotiva del nostro export, e la supply chain ne è il binario. Non si tratta più solo di spostare merci, ma di garantire la continuità della catena del freddo e la tracciabilità totale, elementi che giustificano il “premium price” del Made in Italy all’estero.

Guardando ai dati proiettati sul 2024-2025, l’export agroalimentare italiano sta puntando dritto verso la soglia psicologica e storica dei 70 miliardi di euro. Dopo aver chiuso il 2023 sopra i 64 miliardi, il trend di crescita si conferma robusto (+5-6% annuo stimato), trainato da mercati extra-UE che richiedono una logistica impeccabile.

Qui la sfida della filiera è doppia:

  1. Resilienza climatica: Gestire approvvigionamenti incerti dovuti al cambiamento climatico (si pensi alla crisi dell’olio o del grano).

  2. Qualità percepita: La logistica deve preservare l’organolettica. Una mozzarella di bufala che arriva in Giappone deve essere perfetta; se la catena fallisce, fallisce il brand.

I Numeri dell’Agroalimentare (Stime 2025)

  • Obiettivo Export: € 70 Mld (Trend in crescita costante).

  • Focus Investimenti: Tecnologie di tracciabilità (Blockchain e Smart Label) per garantire l’autenticità contro l’Italian Sounding.

  • Sfida Logistica: Ottimizzazione dell’ultimo miglio per l’e-commerce alimentare, cresciuto a doppia cifra post-pandemia.

Moda e Tessile: la Supply Chain come strategia di sostenibilità

 

Se per il cibo la parola chiave è “freschezza”, per la moda è “reattività”. Il Sistema Moda Italia (Tessile, Abbigliamento, Accessori) si trova di fronte a una rivoluzione. I dati di settore indicano un fatturato complessivo che si stabilizza sopra i 102-103 miliardi di euro, ma con una composizione diversa rispetto al passato.

La supply chain del lusso e del fast fashion sta vivendo il fenomeno del reshoring (o nearshoring): le aziende riportano la produzione più vicina ai mercati di sbocco (Italia, Turchia, Nord Africa) per ridurre i tempi di risposta e dipendere meno dalle lunghe rotte asiatiche, soggette a colli di bottiglia.

Inoltre, con l’entrata in vigore delle nuove normative europee sull’Ecodesign e il Passaporto Digitale del Prodotto (DPP), la filiera deve essere trasparente. Sapere esattamente da dove arriva il cotone o chi ha cucito il bottone non è più marketing: è compliance legale. La supply chain diventa quindi garante della reputazione del marchio.

📊 I Numeri della Moda (Stime 2025)

  • Fatturato Settoriale: ~€ 103 Mld (Consolidamento post-rimbalzo).

  • Export: Rappresenta circa il 75% del fatturato totale.

  • Trend Operativo: Riduzione dei lotti minimi di produzione per evitare stock invenduti (Deadstock management).

Il ruolo strategico: oltre il trasporto

 

Analizzando questi due settori, emerge chiaramente come la Supply Chain impatti su quattro aree vitali:

  1. Qualità: nel Food preserva il prodotto; nella Moda garantisce l’etica della produzione.

  2. Continuità: diversificare i fornitori significa non fermare le macchine quando una crisi geopolitica blocca un porto.

  3. Resilienza: la capacità di assorbire uno shock (come l’aumento dei noli marittimi) senza ribaltarlo interamente sul cliente finale.

  4. Competitività Internazionale: in un mercato globale, l’affidabilità della consegna vale quanto la bellezza del prodotto. L’Italia vince se consegna “Bello e Ben Fatto”, in tempo.

Le priorità per il 2025: cosa devono fare le aziende?

 

Per chiudere, quali sono i passi obbligati per i Supply Chain Manager italiani nei prossimi mesi?

  • Digitalizzazione totale: abbandonare l’Excel per sistemi integrati che usano l’Intelligenza Artificiale per prevedere la domanda, non solo per reagire ad essa.

  • Controllo della filiera (End-to-End): avere visibilità non solo sui fornitori di primo livello, ma anche sui sub-fornitori. È lì che si nascondono i rischi maggiori.

  • Flessibilità operativa: strutturare contratti e logistica per poter scalare rapidamente verso l’alto o verso il basso. La rigidità è il nemico numero uno.

La Supply Chain italiana è pronta a fare questo salto di qualità? I numeri dicono che la direzione è quella giusta, ma la velocità di adattamento farà la differenza tra chi guida il mercato e chi insegue.

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